Testo critico
di Silvia Moretti, 1995
Sulle tele di Marino il segno si tinge di valenze stratificate, emerge il peso della memoria astorica, originaria.
Memoria fatta di evocazioni gestuali primitive, dal graffito all’utilizzo di grafie non più collegabili ad un alfabeto corrente. La riflessione sul tempo svanito si materializza in forme che raccontano di un trascorso culturale ed individuale insieme. In riferimento al passato dell’autore, analizzando l’opera degli anni ottanta in special modo, si possono cogliere in embrione tratti che oggi riconosciamo come simboli.
Con lo studio dell’action painting americana, dove il gesto si libera della tradizione europea, sperimenta il drapping (sgocciolamento) di Jackson Pollok, queste colature di tinte analizzate nel particolare producono forme nuove.
Dal gesto legato al caso, dalle ceneri di una pittura d’istinto rinasce una forma dagli arcani significati.
E’ riconoscibile l’immagine della scala, ideale contatto primordiale tra terra e cielo, successivamente spezzato: caduta verso la caducità, nella sofferenza dell’uomo: Rimanda alla simbologia della verticalità, ascensione della crescita graduale. É una sigla che non sempre appare nell’opera dell’artista, a volte si cela sotto gli altri segni o sotto la materia. Composta da tratti spezzati e duri la sofferenza del procedere, della condizione di agognato trapasso.
Emerge chiara la poetica dell’incomunicabilità, non c’è più un linguaggio che possa aprire un contatto autentico. La comunicazione è tensione: tutto è ambiguo, tutto allude ad altro e in altro si va trasformando, alternandosi, vanificandosi.
É un’indagine individuale che procede piolo dopo piolo stratificando dietro di sè l’esistenza che si distribuisce sulla tela. Si percepisce che alla base c’è una struttura geometrica, una griglia che sostiene le composizioni di Iotti ma osservando i particolari si ha l’impressione che siano in quel punto da sempre e per un motivo insieme casuale e dovuto.
Qualcosa del tutto simile all’idea di Destino. “Viene il momento in cui l’immagine della nostra vita si separa dalla vita stessa, diventa indipendente e, a poco a poco, comincia a dominarci”. (M. Kundera)
di Silvia Moretti, 1995
Sulle tele di Marino il segno si tinge di valenze stratificate, emerge il peso della memoria astorica, originaria.
Memoria fatta di evocazioni gestuali primitive, dal graffito all’utilizzo di grafie non più collegabili ad un alfabeto corrente. La riflessione sul tempo svanito si materializza in forme che raccontano di un trascorso culturale ed individuale insieme. In riferimento al passato dell’autore, analizzando l’opera degli anni ottanta in special modo, si possono cogliere in embrione tratti che oggi riconosciamo come simboli.
Con lo studio dell’action painting americana, dove il gesto si libera della tradizione europea, sperimenta il drapping (sgocciolamento) di Jackson Pollok, queste colature di tinte analizzate nel particolare producono forme nuove.
Dal gesto legato al caso, dalle ceneri di una pittura d’istinto rinasce una forma dagli arcani significati.
E’ riconoscibile l’immagine della scala, ideale contatto primordiale tra terra e cielo, successivamente spezzato: caduta verso la caducità, nella sofferenza dell’uomo: Rimanda alla simbologia della verticalità, ascensione della crescita graduale. É una sigla che non sempre appare nell’opera dell’artista, a volte si cela sotto gli altri segni o sotto la materia. Composta da tratti spezzati e duri la sofferenza del procedere, della condizione di agognato trapasso.
Emerge chiara la poetica dell’incomunicabilità, non c’è più un linguaggio che possa aprire un contatto autentico. La comunicazione è tensione: tutto è ambiguo, tutto allude ad altro e in altro si va trasformando, alternandosi, vanificandosi.
É un’indagine individuale che procede piolo dopo piolo stratificando dietro di sè l’esistenza che si distribuisce sulla tela. Si percepisce che alla base c’è una struttura geometrica, una griglia che sostiene le composizioni di Iotti ma osservando i particolari si ha l’impressione che siano in quel punto da sempre e per un motivo insieme casuale e dovuto.
Qualcosa del tutto simile all’idea di Destino. “Viene il momento in cui l’immagine della nostra vita si separa dalla vita stessa, diventa indipendente e, a poco a poco, comincia a dominarci”. (M. Kundera)