Testo critico
di Giovanni Cerri, 1998
La riflessione sul lavoro di Marino Iotti potrebbe aprirsi con una domanda sul significato di quelle insolite scritture che vediamo comparire nelle sue opere. Infatti, per prima cosa dovremmo chiederci se quegli ideogrammi affioranti da una materia graffiata e vibrante, dalle tonalità cromatiche pacate, ricca di sfumature e trasparenze, appartengono alla memoria del passato, oppure sono formulazioni fluttuanti, nate dalle pulsioni emotive dell’autore. Il quesito iniziale nasce dalla considerazione dei titoli delle opere: “Diario”. Il diario di Iotti esprime una gestualità rapida, che fissa istantaneamente sulla tela gli impulsi interiori, trasformandoli da segni calligrafici in pittura. In effetti, quello che preme a Iotti è interrogarsi sul linguaggio e i suoi significati in ogni tempo; la necessità di comunicare, insita nell’uomo da sempre, rappresenta un ponte simbolico che, attraversando i secoli, congiunge tutte le epoche della storia ed è, perciò, un tema ideale per chi desideri proporre una ricerca che evochi passato e presente. Infatti, se da un lato sorge spontaneo collegare questi enigmatici graffiti a qualcosa di antico, si pensi a tal proposito ai geroglifici e al grande patrimonio culturale egiziano, viene anche da pensare alle più moderne grafie urbane che invadono i muri e le metropolitane delle grandi città. Ma, a differenza dei graffiti contemporanei, caratterizzati da colori vivaci e da disegni di notevole effetto dinamico, in cui si sprigiona liberamente l’istinto e l’esuberanza giovanile, qui siamo di fronte ad opere sorrette da un’impalcatura strutturale, che mira sempre al raggiungimento di un equilibrio formale. I caratteri arcaici di Iotti, apparentemente dislocati nello spazio della tela senza un ordine razionale, sono in realtà i pilastri che reggono l’intera composizione. Una casualità studiata, quindi non accidentale, che segue una precisa logica d’impostazione dell’opera. Ed anche l’immediatezza, la tensione che comunque esiste in questi quadri, risulta essere controllata, gestita come se il pensiero rielaborasse, facendo da filtro, l’urgenza originaria dell’istinto. In sintesi: l’obiettivo primario della ricerca di Iotti è la risoluzione dei vari rapporti che intercorrono tra scrittura, materia, luce e colore; una “conversazione” a più voci, che per cogliere nel segno e darci un’emozione, deve configurarsi in una forma armonica. Quindi, non diario di annotazioni personali, esternate di getto sulla tela, bensì un percorso di indagine sulle valenze formali della comunicazione e della pittura, secondo il suo affascinante codice.
di Giovanni Cerri, 1998
La riflessione sul lavoro di Marino Iotti potrebbe aprirsi con una domanda sul significato di quelle insolite scritture che vediamo comparire nelle sue opere. Infatti, per prima cosa dovremmo chiederci se quegli ideogrammi affioranti da una materia graffiata e vibrante, dalle tonalità cromatiche pacate, ricca di sfumature e trasparenze, appartengono alla memoria del passato, oppure sono formulazioni fluttuanti, nate dalle pulsioni emotive dell’autore. Il quesito iniziale nasce dalla considerazione dei titoli delle opere: “Diario”. Il diario di Iotti esprime una gestualità rapida, che fissa istantaneamente sulla tela gli impulsi interiori, trasformandoli da segni calligrafici in pittura. In effetti, quello che preme a Iotti è interrogarsi sul linguaggio e i suoi significati in ogni tempo; la necessità di comunicare, insita nell’uomo da sempre, rappresenta un ponte simbolico che, attraversando i secoli, congiunge tutte le epoche della storia ed è, perciò, un tema ideale per chi desideri proporre una ricerca che evochi passato e presente. Infatti, se da un lato sorge spontaneo collegare questi enigmatici graffiti a qualcosa di antico, si pensi a tal proposito ai geroglifici e al grande patrimonio culturale egiziano, viene anche da pensare alle più moderne grafie urbane che invadono i muri e le metropolitane delle grandi città. Ma, a differenza dei graffiti contemporanei, caratterizzati da colori vivaci e da disegni di notevole effetto dinamico, in cui si sprigiona liberamente l’istinto e l’esuberanza giovanile, qui siamo di fronte ad opere sorrette da un’impalcatura strutturale, che mira sempre al raggiungimento di un equilibrio formale. I caratteri arcaici di Iotti, apparentemente dislocati nello spazio della tela senza un ordine razionale, sono in realtà i pilastri che reggono l’intera composizione. Una casualità studiata, quindi non accidentale, che segue una precisa logica d’impostazione dell’opera. Ed anche l’immediatezza, la tensione che comunque esiste in questi quadri, risulta essere controllata, gestita come se il pensiero rielaborasse, facendo da filtro, l’urgenza originaria dell’istinto. In sintesi: l’obiettivo primario della ricerca di Iotti è la risoluzione dei vari rapporti che intercorrono tra scrittura, materia, luce e colore; una “conversazione” a più voci, che per cogliere nel segno e darci un’emozione, deve configurarsi in una forma armonica. Quindi, non diario di annotazioni personali, esternate di getto sulla tela, bensì un percorso di indagine sulle valenze formali della comunicazione e della pittura, secondo il suo affascinante codice.