Il racconto del quotidiano
di Francesca Baboni, 2015
Volendo costruire un percorso antologico sull'attività di un pittore, si guarda sostanzialmente all'evoluzione che ha avuto negli anni, alla sua storia estetica e poetica. La strada che si intende perseguire nel rapportarsi alle opere più recenti di Marino Iotti è invece in questo caso diversa e riguarda un approccio stilistico-fenomenologico più che storico. Innanzitutto poichè il lavoro di Marino Iotti è fondamentalmente intimo e non tiene conto tanto del contesto contemporaneo in cui si muove, quanto piuttosto di uno spazio interiore profondamente sentito. Sebbene si inserisca nel filone dell'arte aniconica, non lo si può ingabbiare all'interno di nessuna corrente predefinita, che sia informale o astratta, poichè segue una traiettoria completamente sua. Anche in questo sta la sua specificità nonché riconoscibilità, che ha caratterizzato le evoluzioni e i cambiamenti avvenuti nel corso del tempo. Rispetto alle opere realizzate in passato, dove l'impronta figurativa era maggiormente visibile, negli ultimi anni la materia ha preso il sopravvento ed ha iniziato a dominare prepotentemente la scena. L'artista è riuscito così a superare il soggetto stesso, creando un linguaggio proprio che trova una sua legittimazione, non collocabile all'interno di alcun codice stabilito, una sua originalità intrinseca che lo allontana da ogni riferimento. Sebbene la gestualità faccia parte della sua poetica, mentre nel gesto dell'informale puro non vi era alcun momento cosciente che cercasse di razionalizzare ciò che scaturiva dall'inconscio e dalla pulsione, poiché ogni movimento sulla tela era una prepotente liberazione di energie interiori, nell'approccio di Marino Iotti vi è una coscienziosità forte e decisiva, un controllo effettivo che non lascia nulla alla semplice casualità. Il suo gesto non è mai fine a se stesso, non è il getto furioso sulla tela di Emilio Vedova o l'intervento invasivo di Alberto Burri, è una definizione controllata ed armonica che nasce e si costruisce giorno dopo giorno, con un lavoro meticoloso e attento. Non ha bisogno di un bozzetto preparatorio in questo procedimento misurato e calibrato, la sua suggestione parte da una vaga idea di paesaggio che lascia sempre intravvedere la linea dell'orizzonte, ma che subito si annulla lasciando parlare il colore, costruendo attorno a se' una sintassi pittorica che risuona come un alfabeto musicale. E' il valore a se stante della pittura che mantiene una sua autonomia e si rivela al mondo, giorno dopo giorno, alla ricerca di un'armonia, di un bilanciamento strutturale.
Un equilibrio cadenzato e puntuale, che nasce dalla combinazione perfetta della scansione dei tasselli sulla superficie, dai pezzi di legno di recupero incastrati tra loro e rielaborati pittoricamente, dalle venature che affiorano dal magma pittorico per definire un percorso visivo, dai brani di stoffe bagnate, inserti verticali che suggeriscono vibrazioni materiche e cangianze, giocando con le risposte della luce. Assemblaggi mentali che sulla tela prendono la forma di composizioni musicali silenti, ricche di poesia e lirismo, per disvelare quella bellezza pura, semplice, autentica che si nasconde dietro alle maglie del quotidiano.
I bianchi sporchi si accostano felicemente agli azzurri cielo e ai gialli cangianti con variazioni di ritmo e movimenti cromatici, i colpi di rosso interrompono le tonalità dei marroni bruciati che rendono cupa ma non meno affascinante la visione e i piccoli inserti di blu vanno ad equilibrare la massa scura. L'artista crea passaggi e diversifica le stesure, mette in piedi stratificazioni complesse e talvolta permette sgocciolature come fossero partiture di uno di quei componimenti che ama ascoltare e che fungono quasi da colonna sonora dell'esistere. Non tralascia mai i segni graffiati sulla tela dalla spatola che annunciano il sottotesto della raffigurazione, evocazioni più estetiche che concettuali, appena leggibili, che assumono la leggerezza di fraseggi musicali mantenendo però la loro robustezza. L'intera poetica di Marino Iotti si concentra nella serie dei “Taccuini”, nei quali l'impatto viene amplificato pur nel ridimensionamento visivo, nell'implosione che esplode in tutta la sua forza compressa. Piccoli appunti, diario quotidiano da riempire realizzato giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, con sempre nuove suggestioni. Come un flaneur ottocentesco, Marino Iotti si aggira nei meandri dell'anima e del tempo a raccogliere sprazzi di vita vissuta come fosse un pittore che schizza sul suo taccuino. E prosegue con prove ed errori che vanno poi a sostanziarsi sulla tela in un discorso finito che appare come spontaneo e improvviso, mentre sottende in realtà un lavoro accurato di studio e di fatica.
di Francesca Baboni, 2015
Volendo costruire un percorso antologico sull'attività di un pittore, si guarda sostanzialmente all'evoluzione che ha avuto negli anni, alla sua storia estetica e poetica. La strada che si intende perseguire nel rapportarsi alle opere più recenti di Marino Iotti è invece in questo caso diversa e riguarda un approccio stilistico-fenomenologico più che storico. Innanzitutto poichè il lavoro di Marino Iotti è fondamentalmente intimo e non tiene conto tanto del contesto contemporaneo in cui si muove, quanto piuttosto di uno spazio interiore profondamente sentito. Sebbene si inserisca nel filone dell'arte aniconica, non lo si può ingabbiare all'interno di nessuna corrente predefinita, che sia informale o astratta, poichè segue una traiettoria completamente sua. Anche in questo sta la sua specificità nonché riconoscibilità, che ha caratterizzato le evoluzioni e i cambiamenti avvenuti nel corso del tempo. Rispetto alle opere realizzate in passato, dove l'impronta figurativa era maggiormente visibile, negli ultimi anni la materia ha preso il sopravvento ed ha iniziato a dominare prepotentemente la scena. L'artista è riuscito così a superare il soggetto stesso, creando un linguaggio proprio che trova una sua legittimazione, non collocabile all'interno di alcun codice stabilito, una sua originalità intrinseca che lo allontana da ogni riferimento. Sebbene la gestualità faccia parte della sua poetica, mentre nel gesto dell'informale puro non vi era alcun momento cosciente che cercasse di razionalizzare ciò che scaturiva dall'inconscio e dalla pulsione, poiché ogni movimento sulla tela era una prepotente liberazione di energie interiori, nell'approccio di Marino Iotti vi è una coscienziosità forte e decisiva, un controllo effettivo che non lascia nulla alla semplice casualità. Il suo gesto non è mai fine a se stesso, non è il getto furioso sulla tela di Emilio Vedova o l'intervento invasivo di Alberto Burri, è una definizione controllata ed armonica che nasce e si costruisce giorno dopo giorno, con un lavoro meticoloso e attento. Non ha bisogno di un bozzetto preparatorio in questo procedimento misurato e calibrato, la sua suggestione parte da una vaga idea di paesaggio che lascia sempre intravvedere la linea dell'orizzonte, ma che subito si annulla lasciando parlare il colore, costruendo attorno a se' una sintassi pittorica che risuona come un alfabeto musicale. E' il valore a se stante della pittura che mantiene una sua autonomia e si rivela al mondo, giorno dopo giorno, alla ricerca di un'armonia, di un bilanciamento strutturale.
Un equilibrio cadenzato e puntuale, che nasce dalla combinazione perfetta della scansione dei tasselli sulla superficie, dai pezzi di legno di recupero incastrati tra loro e rielaborati pittoricamente, dalle venature che affiorano dal magma pittorico per definire un percorso visivo, dai brani di stoffe bagnate, inserti verticali che suggeriscono vibrazioni materiche e cangianze, giocando con le risposte della luce. Assemblaggi mentali che sulla tela prendono la forma di composizioni musicali silenti, ricche di poesia e lirismo, per disvelare quella bellezza pura, semplice, autentica che si nasconde dietro alle maglie del quotidiano.
I bianchi sporchi si accostano felicemente agli azzurri cielo e ai gialli cangianti con variazioni di ritmo e movimenti cromatici, i colpi di rosso interrompono le tonalità dei marroni bruciati che rendono cupa ma non meno affascinante la visione e i piccoli inserti di blu vanno ad equilibrare la massa scura. L'artista crea passaggi e diversifica le stesure, mette in piedi stratificazioni complesse e talvolta permette sgocciolature come fossero partiture di uno di quei componimenti che ama ascoltare e che fungono quasi da colonna sonora dell'esistere. Non tralascia mai i segni graffiati sulla tela dalla spatola che annunciano il sottotesto della raffigurazione, evocazioni più estetiche che concettuali, appena leggibili, che assumono la leggerezza di fraseggi musicali mantenendo però la loro robustezza. L'intera poetica di Marino Iotti si concentra nella serie dei “Taccuini”, nei quali l'impatto viene amplificato pur nel ridimensionamento visivo, nell'implosione che esplode in tutta la sua forza compressa. Piccoli appunti, diario quotidiano da riempire realizzato giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, con sempre nuove suggestioni. Come un flaneur ottocentesco, Marino Iotti si aggira nei meandri dell'anima e del tempo a raccogliere sprazzi di vita vissuta come fosse un pittore che schizza sul suo taccuino. E prosegue con prove ed errori che vanno poi a sostanziarsi sulla tela in un discorso finito che appare come spontaneo e improvviso, mentre sottende in realtà un lavoro accurato di studio e di fatica.