marino iotti
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Testo critico
di Elisa Mezzetti, 2009

Marino Iotti lavora pazientemente sulle superfici utilizzando la ricchezza e, insieme, la povertà dei materiali che lo circondano: tubetti di colore, tele grezze, carte, pigmenti, pezzetti di legno che convivono all’interno di una ritmicità poetica, fatta di graffi e segni che si affiancano a spazi di silenzio. Le superfici acquistano, così, profondità e ombre finora sconosciute, veri e propri bassorilievi che si offrono all’osservatore come timide note di liriche melodie, affreschi di un mondo sospeso tra il reale e il fantastico. Le “Opere recenti” esposte alla Galleria Galaverni di Reggio Emilia sono il frutto di un lungo e meditato lavoro al quale l’artista si dedica con paziente cura da molti anni. Questi ultimi lavori in particolare, tutti realizzati tra il 2008 e i primi mesi del 2009, si caratterizzano per una nuova cifra stilistica che, pur mantenendosi coerente e vicina alla poetica precedente, si assottiglia, si pulisce, fino ad arrivare ad un linguaggio più sintetico e minimale, caratterizzato da un profondo equilibrio compositivo.
Iotti lavora da sempre sui contrasti, sulla contrapposizione di colori e materiali, superfici e materia. Si tratta di un modo di procedere lento, riflessivo, fatto di pause e silenzi, osservazione della realtà ed ascolto della propria interiorità. É la rappresentazione della pittura attraverso le sue molteplici forme.
Quello che l’artista compie è un viaggio che parte da molto lontano e arriva nel presente e qui si radica e si esprime; Iotti conosce bene, infatti, le forme e i linguaggi dell’arte e li utilizza secondo una sensibilità del tutto personale e soggettiva. Nelle sue opere si percepisce chiaramente una varietà compositiva che denota una grande ricchezza d’espressione e una profonda capacità comunicativa. Ritornano spesso forme stilizzate, fiori, alberi, foglie, elementi spontanei di una scrittura automatica che l’artista riporta istintivamente sulla tela. Non si tratta però di paesaggi naturali o di contesti naturalistici, sono piuttosto forme della pittura, gesti simbolici che diventano elementi narrativi frutto di una sospensione spaziotemporale che punta a valorizzare l’esistente togliendo il superfluo. É l’artista stesso che sente il bisogno di esprimersi attraverso gesti e segni più lineari, sintetici, essenziali, per arrivare ad un’armonia complessiva al cui interno però continuiamo a ritrovare contrasti e contrapposizioni.
Ogni opera richiede, quindi, un’osservazione paziente e generosa, un soffermarsi sui singoli particolari i quali, segni di un più complesso alfabeto pittorico, compongono narrativamente intrecci di storie diverse, che da personali diventano collettive. 
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