Testo critico
di Claudio Cerritelli, 2007
Prima di ogni tipo di approccio, il lettore di questi dipinti di Marino Iotti acquisisca il ritmo del segno che cresce nella dimensione fisica della materia, entri a far parte dei movimenti che scalfiscono la superficie, si disponga all’ascolto delle segrete atmosfere che lambiscono la pelle del colore creando infiniti contatti tra l’occhio e il mondo.
Le cose che contano sono le figure che s’intravedono tra le luci della natura, le forme esili che dal visibile sconfinano nell’invisibile, i giardini entro cui si sprigionano minimi bagliori, lievi accensioni e oscuri recessi nelle sonorità del colore interiore.
Nei suoi racconti alle fonti della natura Iotti non ha bisogno di inventare un nuovo linguaggio, la profonda estensione della pittura è già sufficiente a sostenere queste pagine di diario, intuizioni quotidiane capaci di suggerire altri spostamenti dentro l’ambivalente costruzione dello spazio.
Una forma centrale, un impulso ascensionale, uno spiraglio di luce in mezzo al fermento della materia: quasi sempre questo tipo di astrazione figurale è la metafora del poeta funambolo che oscilla nel vuoto, spirito libero dagli affanni del tempo, eppure legato al bisogno di purificare le cose che circondano la vita e soffocano l’anima.
Il rosso è una traccia indelebile in questo spazio calamitante di energie contrapposte, domina sul bianco e sull’ocra, accende i viola e gli azzurri, non si attenua neppure di fronte alle incursioni del blu e del nero, eterna dialettica di valori luminosi contrastanti e, proprio per questo, inesauribili.
In alcune opere questa centralità si dissolve in zone dislocate ai lati della composizione, geometrie materiche sollecitate da tensioni trasversali, come se Iotti volesse giocare su figure distanti, sottrarsi alla centralità simbolica della forma e accentuare il senso di frantumazione dello sguardo.
Tuttavia, l’artista non perde mai di vista i ritmi musicali e gli accordi cromatici, orchestra con sapienza le risonanze luminose e gli aloni d’ombra che insieme concorrono a trasformare le angosce esistenziali in slanci vitali, le fantasie segrete in limpidi sogni cromatici.
Tale è - infatti - il clima di queste opere recenti dove le relazioni tra l’umore primario del colore e la graffiante gestualità del segno raggiungono esiti di sottile equilibrio, rivelazioni di trasparenze luminose e di segrete stratificazioni che la pittura di Iotti esplora da sempre, consapevole che ogni immagine è traccia di vita rivolta verso l’altrove.
di Claudio Cerritelli, 2007
Prima di ogni tipo di approccio, il lettore di questi dipinti di Marino Iotti acquisisca il ritmo del segno che cresce nella dimensione fisica della materia, entri a far parte dei movimenti che scalfiscono la superficie, si disponga all’ascolto delle segrete atmosfere che lambiscono la pelle del colore creando infiniti contatti tra l’occhio e il mondo.
Le cose che contano sono le figure che s’intravedono tra le luci della natura, le forme esili che dal visibile sconfinano nell’invisibile, i giardini entro cui si sprigionano minimi bagliori, lievi accensioni e oscuri recessi nelle sonorità del colore interiore.
Nei suoi racconti alle fonti della natura Iotti non ha bisogno di inventare un nuovo linguaggio, la profonda estensione della pittura è già sufficiente a sostenere queste pagine di diario, intuizioni quotidiane capaci di suggerire altri spostamenti dentro l’ambivalente costruzione dello spazio.
Una forma centrale, un impulso ascensionale, uno spiraglio di luce in mezzo al fermento della materia: quasi sempre questo tipo di astrazione figurale è la metafora del poeta funambolo che oscilla nel vuoto, spirito libero dagli affanni del tempo, eppure legato al bisogno di purificare le cose che circondano la vita e soffocano l’anima.
Il rosso è una traccia indelebile in questo spazio calamitante di energie contrapposte, domina sul bianco e sull’ocra, accende i viola e gli azzurri, non si attenua neppure di fronte alle incursioni del blu e del nero, eterna dialettica di valori luminosi contrastanti e, proprio per questo, inesauribili.
In alcune opere questa centralità si dissolve in zone dislocate ai lati della composizione, geometrie materiche sollecitate da tensioni trasversali, come se Iotti volesse giocare su figure distanti, sottrarsi alla centralità simbolica della forma e accentuare il senso di frantumazione dello sguardo.
Tuttavia, l’artista non perde mai di vista i ritmi musicali e gli accordi cromatici, orchestra con sapienza le risonanze luminose e gli aloni d’ombra che insieme concorrono a trasformare le angosce esistenziali in slanci vitali, le fantasie segrete in limpidi sogni cromatici.
Tale è - infatti - il clima di queste opere recenti dove le relazioni tra l’umore primario del colore e la graffiante gestualità del segno raggiungono esiti di sottile equilibrio, rivelazioni di trasparenze luminose e di segrete stratificazioni che la pittura di Iotti esplora da sempre, consapevole che ogni immagine è traccia di vita rivolta verso l’altrove.