Voci infinite
di Angela Lazzaretti, 2016
Delle persone che incontriamo rimangono dentro di noi ricordi, frammenti di fatti della vita, più o meno importanti, trascorsi assieme, parole e sorrisi reciproci, sguardi, profumi e...colori. Grazie alla mia attività di gallerista d’arte ho incontrato e frequentato tanti artisti che nel colore hanno immerso la loro esistenza. Mi capita di sognare spesso: anche i miei sogni si svolgono in luoghi insoliti costellati di opere d’arte e, accanto ad esse, compaiono persone già conosciute e volti ignoti che mi si avvicinano; succede così che anche i miei sogni diventino racconti d’arte.
Se penso a Marino Iotti che conosco ormai da tanti anni, e di cui ho organizzato una mostra personale a Pietrasanta e inserito sue opere in alcune esposizioni di gruppo a Reggio Emilia e poi a San Martino in Rio, mi vengono subito in mente i suoi tratti peculiari, che si notano anche nel suo incedere: pacatezza e perseveranza, caratteristiche che si mescolano nella mia mente a due colori spesso ho ritrovato nei suoi dipinti: i marroni (quel colore particolare di terra bruciata) ed i celesti, e spesso ho scelto proprio opere con “i suoi celesti” per le mostre che andavo ad allestire.
Ho avuto l’impressione che per Marino, che si dedica con impegno costante al lavoro dell’arte – sottolineo il termine “lavoro” perché spesso, a chi si occupa d’arte come attività primaria viene chiesto, e questo succede anche dopo lunghi anni di impegno nel settore, se questo “è davvero il tuo lavoro?” –, il marrone rappresenti la consapevolezza del legame con la terra, con la sua e la nostra terra, e ciò può simbolicamente evocare e alludere alle fatiche quotidiane, alle pene del vivere su questa terra. Ma accanto a questi toni legati alla terra, appaiono sempre sprazzi di celeste, di azzurro, che ci fanno correre la mente all’acqua del mare e al colore del cielo limpido. Il cielo è luce sempre nuova, ogni giorno, per i nostri occhi, luce di un altrove che non si può mai conoscere fino in fondo. Le stesse opere d’arte non si possono mai spiegare fino in fondo perché l’arte è spesso rappresentazione del mistero e del non compiutamente decifrabile. Il celeste ha una valenza simbolica ed è legato alla nostra dimensione più spirituale, al nostro bisogno dell’altrove e dell’altro, proprio nel momento in cui si comprende che “gli altri” sono spesso vicini, anche fisicamente, ma irraggiungibili su questa terra.
Questo desiderio di infinito di Iotti è la sua particolare dimensione pittorica, che è insieme poetica e musicale. Sono voci infinite, le sue, che spaziano e tendono “all’aldilà”. Persona mite e silenziosa, Iotti lascia che a parlare sia il suo colore, il colore di ciò che sente nel suo profondo e che ci rimanda con voci infinite, quasi un suono musicale, con l’intento di ricordarci quale è l’essenza della pittura e il suo valore etico.
Oggi tutti sono quotidianamente in contatto, i messaggi che vengono scambiati sono sempre più numerosi e sempre meno rappresentativi della voglia di parlare davvero con l’altro, si cliccano tanti “mi piace” su facebook su eventi, su mostre e opere d’arte, senza nemmeno osservare le opere stesse e i luoghi dove vengono proposte; in un totale isolamento emotivo, si partecipa ad eventi, a concerti di massa senza più sentire l’altro accanto a noi.
Una mostra come questa, allestita in questo splendido spazio di Montepulciano, può essere una preziosa occasione per soffermarci davanti ai dipinti di Iotti, su questi sprazzi di colore e di renderci conto della nostra voglia di cielo e sentire dentro di noi un “mi piace” senza l’urgenza di cliccare ciò sul computer di casa. Perché, davanti alla voglia di infinito, credo sia impossibile “cliccare qualsiasi tasto”: si può solo condividere questo desiderio con l’opera stessa, con l’artista e con chi ci è accanto nel visitare la mostra, “in silenzio”.
Nel tentativo di individuare cosa differenzi l’uomo dal resto degli animali, l’essere umano è stato definito “animale razionale”, “animale sociale”, “animale religioso”, e così via. Nietzsche preferisce invece parlare di “animale fantastico”, perché per abitare il mondo gli essere umani hanno bisogno di creare immaginazioni o illusioni – Fantaso era uno degli dei greci dei sogni. È grazie all’arte, e al costante lavoro di artisti come Marino Iotti, che possiamo comprendere questa definizione e trovarci d’accordo con l’intuizione di Nietzsche.
di Angela Lazzaretti, 2016
Delle persone che incontriamo rimangono dentro di noi ricordi, frammenti di fatti della vita, più o meno importanti, trascorsi assieme, parole e sorrisi reciproci, sguardi, profumi e...colori. Grazie alla mia attività di gallerista d’arte ho incontrato e frequentato tanti artisti che nel colore hanno immerso la loro esistenza. Mi capita di sognare spesso: anche i miei sogni si svolgono in luoghi insoliti costellati di opere d’arte e, accanto ad esse, compaiono persone già conosciute e volti ignoti che mi si avvicinano; succede così che anche i miei sogni diventino racconti d’arte.
Se penso a Marino Iotti che conosco ormai da tanti anni, e di cui ho organizzato una mostra personale a Pietrasanta e inserito sue opere in alcune esposizioni di gruppo a Reggio Emilia e poi a San Martino in Rio, mi vengono subito in mente i suoi tratti peculiari, che si notano anche nel suo incedere: pacatezza e perseveranza, caratteristiche che si mescolano nella mia mente a due colori spesso ho ritrovato nei suoi dipinti: i marroni (quel colore particolare di terra bruciata) ed i celesti, e spesso ho scelto proprio opere con “i suoi celesti” per le mostre che andavo ad allestire.
Ho avuto l’impressione che per Marino, che si dedica con impegno costante al lavoro dell’arte – sottolineo il termine “lavoro” perché spesso, a chi si occupa d’arte come attività primaria viene chiesto, e questo succede anche dopo lunghi anni di impegno nel settore, se questo “è davvero il tuo lavoro?” –, il marrone rappresenti la consapevolezza del legame con la terra, con la sua e la nostra terra, e ciò può simbolicamente evocare e alludere alle fatiche quotidiane, alle pene del vivere su questa terra. Ma accanto a questi toni legati alla terra, appaiono sempre sprazzi di celeste, di azzurro, che ci fanno correre la mente all’acqua del mare e al colore del cielo limpido. Il cielo è luce sempre nuova, ogni giorno, per i nostri occhi, luce di un altrove che non si può mai conoscere fino in fondo. Le stesse opere d’arte non si possono mai spiegare fino in fondo perché l’arte è spesso rappresentazione del mistero e del non compiutamente decifrabile. Il celeste ha una valenza simbolica ed è legato alla nostra dimensione più spirituale, al nostro bisogno dell’altrove e dell’altro, proprio nel momento in cui si comprende che “gli altri” sono spesso vicini, anche fisicamente, ma irraggiungibili su questa terra.
Questo desiderio di infinito di Iotti è la sua particolare dimensione pittorica, che è insieme poetica e musicale. Sono voci infinite, le sue, che spaziano e tendono “all’aldilà”. Persona mite e silenziosa, Iotti lascia che a parlare sia il suo colore, il colore di ciò che sente nel suo profondo e che ci rimanda con voci infinite, quasi un suono musicale, con l’intento di ricordarci quale è l’essenza della pittura e il suo valore etico.
Oggi tutti sono quotidianamente in contatto, i messaggi che vengono scambiati sono sempre più numerosi e sempre meno rappresentativi della voglia di parlare davvero con l’altro, si cliccano tanti “mi piace” su facebook su eventi, su mostre e opere d’arte, senza nemmeno osservare le opere stesse e i luoghi dove vengono proposte; in un totale isolamento emotivo, si partecipa ad eventi, a concerti di massa senza più sentire l’altro accanto a noi.
Una mostra come questa, allestita in questo splendido spazio di Montepulciano, può essere una preziosa occasione per soffermarci davanti ai dipinti di Iotti, su questi sprazzi di colore e di renderci conto della nostra voglia di cielo e sentire dentro di noi un “mi piace” senza l’urgenza di cliccare ciò sul computer di casa. Perché, davanti alla voglia di infinito, credo sia impossibile “cliccare qualsiasi tasto”: si può solo condividere questo desiderio con l’opera stessa, con l’artista e con chi ci è accanto nel visitare la mostra, “in silenzio”.
Nel tentativo di individuare cosa differenzi l’uomo dal resto degli animali, l’essere umano è stato definito “animale razionale”, “animale sociale”, “animale religioso”, e così via. Nietzsche preferisce invece parlare di “animale fantastico”, perché per abitare il mondo gli essere umani hanno bisogno di creare immaginazioni o illusioni – Fantaso era uno degli dei greci dei sogni. È grazie all’arte, e al costante lavoro di artisti come Marino Iotti, che possiamo comprendere questa definizione e trovarci d’accordo con l’intuizione di Nietzsche.